L’odio è roba da stronzi, ripeteva Marco liquidando così la faccenda. Analisi corretta ma non risolutiva, se l’odio diventa l’unico elemento di identità che si ha. Le radici dell’odio sono comunque – oltre che un ottimo titolo per libri e film – un elemento difficile da comprendere. La risposta è nota e chiara. Manuali alla mano, l’odio – che trova radice nella frustrazione, nell’invidia, nella gelosia, nella competizione, nell’ira esacerbata, nelle differenze sociali e nel desiderio di possesso e vendetta – a sua volta alimenta questi stati emotivi che, in tale modo, s’impregnano di violenza. Almeno questo è quello che dicono gli psicologi. Insomma, l’odio fra l’altro si nutre di se stesso, il che non aiuta certo alla soluzione del problema.
Caino, inventore dell’odio, ha certamente grandi responsabilità e non a caso infiniti seguaci, nel tempo e nello spazio. La sua invenzione è in fondo facile perchè richiede superficialità e esclude dubbi e soffre di miopia. Può esserci un oltre l’odio, è domanda non da poco. I libri aiutano, come sempre se l’elogio dell’ombra, fatto da un vecchio cieco immagina altro quando dice che “Abele e Caino s’incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti. I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono. Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno. Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome. Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca chiese che gli fosse perdonato il suo delitto. Abele rispose: “Tu hai ucciso me, o io ho ucciso te? Non ricordo più: stiamo qui insieme come prima”. “Ora so che mi hai perdonato davvero” disse Caino “perché dimenticare è perdonare. Anch’io cercherò di scordare”. Abele disse lentamente: “È così. Finché dura il rimorso dura la colpa”.
