I capitelli medievali sono arte, lettura, fede e quanto altro di più alto il Medioevo ci ha lasciato. Buon pretesto potrebbe essere proprio l’immagine del capitello in cui Caino prende a zappate Abele che ieri contribuiva, su questo log, a raccontare l’odio e il suo oltre. Quel capitello è in uno dei più affascinanti monumenti del pianeta, il monastero aragonese di San Juan de la Pena, nato in una roccia da un eremo e da un miracolo nel X secolo. La chiesa è nel cuore della Spagna e della sua famiglia reale, tomba di alcuni di loro mentre la leggenda non esclude sia l’ultima dimora anche del Cid, el Campeador, al secolo Rodrigo Diaz de Vivar.
Tornando ai capitelli medievali, troppo spesso sottovalutati da quel turismo impreparato e un po’ cialtrone che affligge i luoghi della storia e dell’arte, l’invito in amicizia è di andarli a cercare, dove sono visibili e conservati. Passare ore con loro e leggerli come si legge un libro, perchè questo erano per popoli che della scrittura ignoravano molto e diffidavano tanto. Torna dunque alla memoria il tempo trascorso nel chiostro di Sant’Orso con le sue storie che la pietra riesce a raccontare ancora, nonostante tutti i tentativi per salvaguardarla messi in atto nel corso dei secoli. Sant’Orso è peraltro cuore contrapposto a quello della Cattedrale aostana, per antiche tradizioni che comportavano guerre intestine fra i rispettivi canonici, un antico spietato derby incruento di cui mi capitò peraltro di essere involontario testimone diretto.
Sant’Orso era un monaco irlandese che dopo un lungo viaggio decise che la Valle d’Aosta era una ottima occasione per fermarsi e piantarla lì di girare, divenendo così, insieme a San Bernardo di Menthon, uno dei due santi di quella terra e di quelle montagne. La sua chiesa – almeno in teoria – sarebbe dedicata anche a San Pietro ma nessun valdostano che sia realmente tale considera mai la figura del Principe degli Apostoli, quando si parla della chiesa di Sant’Orso. San Pietro convince poco insomma da quelle parti rispetto al socio irlandese. Il montanaro d’adozione insomma batte inesorabilmente il più prestigioso pescatore. Fra l’altro l’iconografia tradizionale vuole che un passero accompagni sempre Sant’Orso mentre forse non sarebbe di buon gusto evocare volatili di altro genere per San Pietro, anche se un momento di debolezza – sia pure moltiplicato per tre – in fondo può capitare a tutti.
I capitelli di Sant’Orso, attraverso chi li ha immaginati e chi li ha realizzati, raccontano la propria storia, la Bibbia, nell’unico modo che potesse essere compreso da tutti. E’ medioevo e romanico, un fiume che nasce improvviso e corre per l’Europa. Da Aosta la memoria ritrova il Duomo di Modena e Wiligelmo, poi Benedetto Antelami, guardato a Parma purtroppo con troppo poco tempo a disposizione rispetto a quel che merita, perché la scultura altomedievale sarebbe ragione di molta più attenzione di quella che riceve. “Secoli bui”? Ma per favore.
